venerdì 7 febbraio 2020

Accabadora di Michela Murgia

Accabadora di Michela Murgia è un romanzo ambientato in un paesino della Sardegna degli anni 50 e racconta i fatti di vita e le tradizioni popolari avvolte nella magia delle superstizioni, in un alone di mistero che riesce a coinvolgere il lettore.
Sinossi  da Ed. Mondadori
"Acabar», in spagnolo, significa finire. E in sardo «accabadora» è colei che finisce. Agli occhi della comunità il suo non è il gesto di un'assassina, ma quello amorevole e pietoso di chi aiuta il destino a compiersi. È lei l'ultima madre.
Maria e Tzia Bonaria vivono come madre e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava ha pensato di prenderla con sé, perché «le colpe, come le persone, iniziano a esistere se qualcuno se ne accorge». E adesso avrà molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola come armarsi per le guerre che l’aspettano, come imparare l’umiltà di accogliere sia la vita sia la morte."

Maria, ultima nata in una famiglia povera, viene data in adozione dalla madre come fill'e anima a una donna anziana e sola. Maria con Tzia Bonaria Urrai cresce in un clima completamente diverso da quello che aveva a casa sua, riceve affetto e allo stesso tempo rispetto e rigore da parte della donna, che riesce a nascondere alla figlia adottiva ciò che faceva quando usciva di notte, lei era un'accabadora, una donna che sapeva tutto di vita e di morte, sapeva riconoscere una vita divenuta troppo sofferente e priva di dignità e  aiutava il destino a compiersi.
 Michela Murgia in questo romanzo, con un linguaggio molto curato che a volte diventa poetico, affronta il tema dell'eutanasia e racconta come nella Sardegna di quel tempo alcune attitudini o comportamenti erano socialmente accettati dalla comunità e le domande avevano risposte chiare come le tessere di un abbecedario, l’alfabeto elementare di "quando gli oggetti e il loro nome erano misteri non ancora separati dalla violenza sottile dell’analisi logica ...ci sono cose che si sanno e basta,e le prove sono solo conferma"....
Ma la scrittrice non vuole approfondire  questo problema, si sofferma piuttosto sui doveri della madre verso la figlia e su quelli della figlia verso la madre perché "Arrafiei era andato sulla neve del Piave con scarpe leggere che non servivano, e tu invece devi essere pronta... dalle guerre devi tornare, figlia mia".

E' un libro scorrevole, molto evocativo, che mi ha immersa nella Sardegna del dopoguerra, con le usanze e le superstizioni, piuttosto simili alle storie dei nostri paesi del sud, storie di fattucchiere e levatrici, raccontatemi da bambina accanto al camino.