Umberto, un impiegato statale,
ha appena compiuto 60 anni, quindi deve essere rottamato e allontanato
dalla società. Deve abbandonare la sua famiglia, sua moglie Elisabetta e
il figlio Matteo che prenderà il suo posto nel lavoro.
È
così che ha deciso il “partito unico”. Eppure Umberto si sente ancora
“vivo”, pieno di energie, estremamente lontano dalla scadenza che
qualcuno gli ha imposto. Non riesce ad abituarsi alla misteriosa casa di
riposo e vuole ribellarsi alla tirannia di quel mondo che vuole
calpestare etica, umanità e valori a favore della pianificazione maniacale di tutto ciò che rientra nel naturale svolgimento della vita…
La scrittrice, in questo
libro, vuole evidenziare il timore e la preoccupazione sull’angoscioso
futuro degli anziani, che possano essere travolti dalle nuove
generazioni:
“Ho immaginato ed elucubrato e poi,
senza opporre resistenza, mi sono consegnata a questa fantasia
distopica, sinistramente dolce, come certi incubi da cui ti svegli più
avveduto, più agguerrito, più capace di guardare in faccia le tue
angosce, più forte e perfino più allegro, per il sollievo che, quanto
sognato, non sia veramente accaduto. O almeno non ancora.”
La Ravera ci pone
interrogativi sull’attualità mostrandoci gli eccessi della moda della
“rottamazione” delle persone e su un possibile futuro che forse sta
nascendo.Un romanzo che si legge scorrevolmente, ma a dire il vero mette un po’ di angoscia, a me è piaciuto di più “Il terzo tempo” della stessa autrice, che affronta lo stesso problema, in maniera più divertente e ironica: “Insegno malinconia positiva. Soffrire da vecchi è la regola. Soltanto i vecchi speciali ce la fanno. E i vecchi speciali sono quelli che stanno bene.”…e speriamo di stare bene!
Quindi voglio terminare con la speranza che gli anziani continuino ad essere utili alla società per l’esperienza e la saggezza e che non diventino mai “scaduti”.
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